domenica 6 dicembre 2009

Lost in translation

Non ho mai scritto recensioni di film, non potrei mai farlo, semplicemente perché è il sogno indiscusso della mia vita e se iniziassi a farlo anche per gioco mi convincerei che i desideri si realizzano e invece non è così, scrivo altre cose, ne vivo altre ancora, la mia vita è un grande condominio dove in ogni appartamento si consumano esistenze diverse...ma ci sono dei film che ti trasmettono un senso di pace, una voglia di vivere pazzesca, a volte alla seconda visione, soprattutto quando la prima l'hai vissuta in un mondo diverso, una vita diversa, affetti diversi, sensazioni diverse, capelli bianchi diversi...e così un sabato iniziato decisamente male si trasforma in un inno alla gioia, per un film che è una poesia, ma piccola, senza alcuna presunzione, senza lirica, senza grandi paroloni, senza frasi da appuntare sulla moleskine, senza luoghi comuni o colpi di scena, un film che è bello, che è così bello che ti fa apprezzare il senso di questa parola, bello, come la vita, come gli incontri casuali, inaspettati, come le emozioni che ti colpiscono in mezzo agli occhi quando non hai il coraggio di tenerli alti, a guardare davanti a te, come quei richiami alla vita che ti vengono urlati sottovoce quando ti sei stancata di cercarli...questi ultimi dieci giorni sono stati un bombardamento continuo di emozioni al limite della velocità della luce, di situazioni impensate, di battiti cardiaci dimenticati, di timidi sorrisi esplosi in risate, di incredulità tramutata in felicità, di ansie spero insensate, di voglia di mordere ogni momento che hai davanti...questi dieci giorni, come ha detto qualcuno, forse riscattano un anno intero, forse riattivano i giorni messi in stand by, forse cancellano le vecchie paure, forse risanano le cicatrici cucite addosso in quest'anno zero che proprio zero non è stato, è stato troppo, ha chiesto troppo per poi lasciare, in fondo, molto poco, ma solo fino a dieci giorni fa, da quando il sabba si è riunito, quando ci siamo guardati a fondo e abbiamo riso e pianto, quando ci siamo stupiti, quando ci siamo emozionati davanti a un bicchiere di vin brulé che ci riportava ai vecchi tempi, quando una chitarra e una voce ci hanno fatto tornare indietro di 10 anni, quando un letto e una bottiglia ci ha fatto sorridere con ogni singolo muscolo del corpo...ma...possono bastare dieci giorni a riscattarne 365? se le equazioni e la matematica sono semplici, può una percentuale così bassa riportare la gloria all'anno del giorno di aprile più nefasto della storia, all'anno della fatica di svegliarsi ogni mattina e di addormentarsi ogni sera, all'anno del dolore, delle ingiustizie, della cattiveria? beh, se così non fosse, è come se avessimo alzato bandiera bianca, è come se ci fossimo inginocchiati davanti al destino, è come se ci fossimo rassegnati....rassegnati....no, questa parola, nel mio vocabolario non esiste, né in quello di quest'anno, nè in quelli dei meravigliosi anni a venire....:)



song of the day "would?" alice in chains-live in Milan (and I was there!)

giovedì 29 ottobre 2009

Ricomincio da me

Ho perso il conto quest'anno. Ho perso il conto di tutte le volte che sono nata, e poi sono morta, sempre per rinascere ancora, e ancora, e ancora. Ho perso il conto di tutte le persone che ho incontrato sulla mia strada, di quelle che ho perso, di quelle che sono scivolate più o meno silenziosamente al mio fianco, di tutte le persone che mi hanno deluso, di quelle che ho deluso, di quelle a cui non ho saputo dire grazie e di quelle di cui non ho accettato le scuse. Ho perso il conto di tutte le volte in cui ho detto basta, ho detto ancora, ho detto no, ho detto forse, ho detto mai, ho detto sempre, ho detto vedremo, chissà, però. Ho perso il conto di ogni lacrima versata e di ogni sorriso fatto e ricevuto, di ogni parola scritta urlata cantata al vento alla pioggia alla neve allo specchio al nulla, delle promesse non mantenute e di quelle mai fatte, delle volte in cui sono scappata al buio e di quelle in cui ho spergiurato al sole. Ho perso il conto delle volte in cui mi sono sentita persa, felice, sola, piena d'amore, di rabbia, di rancore, di me stessa, di solitudine, di vuoto, di stanchezza, di gioia, di ricordi. Poi mi sono fermata per contare, e mi sono resa conto che è impossibile, che davvero, davvero, ho perso il conto. E allora mi lascio tutto alle spalle, tutto resta dietro di me, niente scompare, le sensazioni si trasformano, evolvono, involvono, in una giostra di momenti che scorrono velocissimi. E' tutto qui, dietro di me, dentro di me. Siamo quasi a novembre, e a me sembra ieri che brindavo al nuovo anno. L'intensità di questi dieci mesi è stata un uragano impossibile da controllare, e alla fine forse l'unica soluzione è alzare le braccia e lasciarsi trascinare. E adesso ricomincio da me, da questa casa nuova, da queste paure che riemergono ma restano soffocate nell'angolo, dalla consapevolezza di essere riuscita di nuovo ad amare, a soffrire, a perdonare, a non dimenticare. La consapevolezza, ancora una volta, di essere viva. La sicurezza di essere al mondo, di avere qualcuno, di esistere per gli altri. E sorrido, sorrido a queste pareti, a questo albero di noce che fa capolino dalla finestra, al fischio del treno che arriva dalla strada, ai suoni, agli odori, ai rumori che mi sono ancora sconosciuti e che diventeranno familiari. E sorrido, sorrido sempre. Sorrido perchè ho visto il fondo del baratro, e l'ho visto allontanarsi piano piano. Sorrido perchè la mia corazza adesso è ancora più resistente. Sorrido perchè ultimamente mi faceva rabbia sentirmi ripetere che sono forte, perchè sentivo di non esserlo. E invece forse, avevano ragione "loro". Perchè il dolore è come un bicchiere, puoi vederlo mezzo pieno o mezzo vuoto. Ma quando invece è colmo fino all'orlo, poi non si può fare altro che svuotarlo. E tutto quello che viene dopo, è quasi un solletico, è quasi impercettibile. Quel dolore così immenso? Me lo sarei risparmiato forse...ma forse no, perchè ora sono veramente painproof, ora davvero sento che niente, per il momento almeno, potrà scalfirmi, sento che non crederò mai più alle belle parole buttate al vento, ma che sentirò e saprò distinguere la verità. Sento che l'anno zero sta arrivando, anche se con un po' di ritardo, e ricomincia da qui, da me, dalle persone che sono scivolate più o meno silenziosamente al mio fianco, e che hanno lasciato un marchio indelebile sulla mia pelle...e spero di aver lasciato su di loro almeno un'impercettibile ombra... :)


song of the day: "black star" radiohead

mercoledì 5 agosto 2009

Riflessioni di una sera di fine estate

Bolzano mi ha dato il "wilkommen" dalle ferie con una pioggia battente e 11 gradi che mi hanno regalato febbre, mal di gola e dolorini vari...non sono più il ghepardo di una volta, c'ho n'età e dovrei rendermene conto, ma quello che non t'ammazza ti ingrassa no?
Ho passato 10 giorni a casa...era la prima volta che tornavo giù, da quando a gennaio ho fatto il tour delle due città più fredde d'Italia lasciando il calore del posto dove ho passato a tratti tutta la mia vita...perchè puoi vivere ovunque, puoi passare metà della tua vita "altrove" ma se appartieni a un posto, se il mare che ti ha fatto nascere ti scorre nelle vene anche a mille e più chilometri di distanza, quella sarà sempre la tua casa..e vedere il mare quando il treno si avvicina alla città ha sempre un sapore dolce amaro che ti fa salire le lacrime agli occhi...ti amo, ma non posso stare con te, è questo che dico a Taranto ogni volta che ritorno, ma soprattutto ogni volta che riparto...
Io mi sento un'emigrante. Non me ne vergogno, anzi, ne vado quasi fiera. Sentirmi una cittadina di passaggio, durante l'estate e le feste comandate, respirare i posti, le persone che nonostante gli anni non cambiano mai, immergersi nello stesso limpido mare di sempre, sapendo che dopo pochi giorni dovrai dirgli ancora addio, questa distanza che ti avvicina alle cose in qualche modo mi fa sentire bene..fa male, ma è quel dolore che ti riempie, è un dolore che in questi ultimi mesi ho conosciuto davvero troppo bene, ma che alla lunga ti stanca, ti strazia, ti sfinisce, e allora è meglio saltare su un treno e andarsene lontani, dove l'assenza non può farti male, non per sempre almeno...
Forse chi si nutre di musica, cinema e letteratura finisce per assorbire così tanto l'arte da rimanerne incastrato..forse quello che sentiamo, guardiamo e leggiamo prima o poi lo viviamo sulla nostra pelle...io ho pagato il mio pegno d'amore per Lynch vivendo in una situazione tipicamente lynchiana, anche se romantica..ho tenuto la scatola di Mulholland Drive abbastanza a lungo tra le mani da lasciare delle quasi indelebili ombre blu sulle mie dita...quando il sogno, la favola lasciano spazio alla realtà, all'improvviso, senza preavviso, è difficile rendersene conto..quando sogni qualcosa di bello non vuoi staccarti, non vuoi svegliarti, ma poi ti accorgi che quello che sognavi, chi sognavi, appartiene all'onirico, a un mondo non reale, e che prima o poi devi aprire gli occhi e mettere le carte in tavola...e resti sospesa tra la voglia di credere che quello che stavi sognando fosse reale e l'amara consapevolezza che la realtà è diversa, che con una maschera, seppure mai ipocrita, addosso, siamo tutti bravi a essere perfetti, a essere quello che vorremmo essere.. o forse più che una maschera è un mantello, che racchiude quello che non riusciamo a esprimere tutti i giorni con chi ci circonda...ma sapete una cosa? fanculo le potenzialità, fanculo "quello-che-potrei-essere-se-solo"..nessuno ci punta una pistola alla tempia, siamo liberi, anzi, abbiamo il dovere di essere ciò che vogliamo essere..se non ci riusciamo, non abbiamo abbastanza amor proprio per sopravvivere nella gabbia che ci costruiamo troppo spesso da soli...e allora amen, sarà per la prossima vita (ma io voglio vivere in questa, di doman non c'è certezza...)
E vedendo, due mattine prima di partire, la classica alba tarantina, quel viola Ilva che si alza sul mare e si confonde a tutti i colori del cielo, ho sentito che il tappo è saltato, che la liberazione era vicina, che la noia, o l'abitudine andavano lasciate lì, lontano da me...e ho giurato, probabilmente invano per l'ennesima volta, che avrei provato a essere felice sul serio, a tenere lontana la nostalgia..e per ora, sono ancora di parola...
E mentre domenica il bus mi portava dalla stazione alla mia "haus" mi guardavo intorno..e quello che vedevo, mi piaceva...e sono stata invasa da una sensazione positiva, ho sentito che questa città può darmi qualcosa, forse può darmi addirittura molto, e che in ogni caso, io voglio prendermelo...voglio ciò che mi spetta, lo voglio perchè è mio, e soprattutto perchè m'aspetta....


song of the day "forma e sostanza" C.S.I.

giovedì 9 luglio 2009

Tournesol

A me i fiori non piacciono. O meglio. Me ne piacciono solo pochi. I papaveri, sono così lussureggianti e lussuosi nel loro rosso, misto viola, così preziosi e superbi ma che quasi in segno di sfida crescono anche ai lati della strada (me ne ricordo tanti vicino all'Ateneo, nella strada che percorrevo ogni giorno, e mi faceva sorridere vederli "incisi", nella improbabile vana speranza che potessero donare qualcosa di più che un sorriso negli occhi..), mi piacciono i gigli, che a dispetto di chi li reputa "puri" ho sempre considerato anticonformisti, peccatori, con quel bianco che inganna e quella corolla disordinata che ti illude della loro verginità...mi piacciono i tulipani, così geometrici, così perfetti, che si stagliano sempre alti, dritti e fieri, che ti fanno pesare la loro altera bellezza...ma più di tutti, mi piaccioni i girasoli. I girasoli non sono fiori, sono delle tribù. I loro campi rubano la scena al cielo azzurro, al mare blu, ai prati verdi, a qualunque altro paesaggio. Quel giallo ti entra negli occhi, non puoi ignorarli. Una volta qualcuno, sulla strada del ritorno dal mare, ha frenato di colpo, si è fermato e mi ha portato un girasole rubato in un campo. Credo che quello sia, in assoluto, il regalo più bello che mai mi sia stato fatto in tutta la vita.
I girasoli sono alti, sono scoordinati, sembrano quasi mollicci, con quello stelo che tende verso l'alto ma che al tramonto si piega un po' su se stesso, con quella testa mai del tutto tesa e stesa, con quella corolla sempre un po' inclinata sul lato, come a cercare di capire quello che c'è lì intorno...sono quasi sempre in gruppo, ma i più belli secondo me sono quelli che intravedi da soli, illuminati solo dalla loro stessa presenza, in quei campi pieni di altri colori, dove chissà per quale bizzarra scelta il vento ha portato i loro semi, per attecchire dove magari non cresce nulla, per lasciarli fiorire dove intorno c'è il vuoto, o peggio, dove ci sono specie tanto e troppo diverse da loro....ma loro stanno lì, sembrano fieri e sicuri ma magari si sentono fuori luogo, e resistono nella diversità, resistono nella solitudine, resistono nella sconfitta dei loro simili i cui semi restano secchi sotto la terra..ma sono lì, più alti di tutti, vicino alla gramigna magari, e resistono cercando di non abbassare mai lo sguardo..e quando il sole, appunto, gira, e non sorride più alle loro corone d'oro, cercano di tenere la testa alta, come a dire "io non voglio mollare, baciami ancora"..ma poi abbassano la testa, stanchi, e si piegano su se stessi, cercando di tenersi compagnia per una notte lunghissima..però...però poi il sole sorge ancora, ogni giorno, e il girasole è lì, pronto a rialzare la testa, a guardare quel sole senza paura, ad affrontare il mondo senza timore...e ancora una volta, il mondo sarà lì ad accoglierlo, a stupirsi del suo sorriso, a guardarlo alzarsi facendo affidamento solo sul suo fragile busto...e la notte, quando il sole sorgerà, sentirà la mancanza di quella figura triste ma allo stesso tempo viva, viva, viva come non mai...perchè solo quando ti pieghi, solo quando arrivi a guardare la terra su cui poggi, solo allora potrai alzarti davvero, guardare davanti a te e dire "io sono vivo...anche se vivo solo a tratti..e sono giallo" :-)


song of the day "yellow" coldplay

sabato 4 luglio 2009

There-here-there

Mi sono chiesta spesso, negli ultimi tempi, se un blog può "scadere"...se dopo un pò che non ci scrivi più, trovi una porta chiusa e una scritta che dice "il tuo tempo è passato" ... ma quando le parole non vengono, non vengono..o meglio, vieni assalita da uno tsunami di pensieri, ma mai che ti riesca di metterlo nero su bianco...
Una notte vai a dormire, con tutta la tua vita inscatolata nel suo perfetto disordine...è tutto lì, dove l'hai lasciato, dove per anni hai accumulato piccoli pezzetti di vita destinati a diventare il tuo noioso ma sereno quotidiano...e poi, in un attimo, sparisce tutto...l'esistenza di tutti noi è scandita da piccoli momenti, l'esistenza di qualcuno è stata scandita da momenti che non ti faranno mai tornare indietro in una calda notte d'aprile...
..e io non dovrei avere voce in capitolo, perchè sono una privilegiata che dorme con un tetto sopra la testa e non ha visto la sua città sgretolarsi come un castello di sabbia davanti ai suoi occhi...ma quel momento ha cambiato anche la mia vita....e mi sento quasi ingrata a sentir pesare su di me le conseguenze di qualcosa di talmente tanto grande che anche chi la vive ogni giorno, da quasi 3 mesi ormai, non riesce ancora a realizzare appieno...ma se si dice che la famiglia non è quella dove nasci e cresci, ma quella che ti crei e scegli, vale lo stesso anche per le città...e per me quella città è casa, ha sempre rappresentato qualcosa di speciale, qualcosa che mi faceva illuminare gli occhi al solo sentirla nominare...quella città, che mi ha dato la catarsi, una catarsi che poco tempo dopo si è sgretolata sotto le sue stesse macerie...prendere e dare, il mio rapporto con "lei" è stato sempre quello...l'ho detestata tante volte per quanto mi ha preso, ma le sarò eternamente grata per quanto mi ha dato...e mentre io mi sentivo quasi "gelosa" di nomi, di posti, di cose che fino al 5 aprile conoscevo solo io (il mio portachiavi del Paganica Rugby ad esempio, la gente prima mi chiedeva "cos'è Paganica?", ora mi guarda e dice "ah....Paganica", come se "loro" sapessero..) lei continuava a darmi...qualcuno dice a chiedermi, ma in realtà ha continuato, anche quando era distrutta, devastata, quando era crollata su se stessa, a darmi, darmi, darmi, finchè la mia è diventata quasi una dipendenza...sono una privilegiata, ancora una volta, perchè non ho avuto bisogno di guardare lo scempio televisivo per vivere quello che stava succedendo...avevo gli occhi, la voce, le orecchie, le mani di chi ha vissuto ogni secondo in mezzo a quella sabbia che fino a qualche ora prima era tutto ciò che ognuno aveva accumulato nella vita, qualcosa che pensi sia eterno, perchè le cose materiali dovrebbero durare in eterno, almeno quelle, perchè i sentimenti cambiano, si evolvono e si perdono al minimo colpo di vento, invece quello che costruisci, dovrebbe resistere a tutto...e quando invece non è così, forse si inverte tutto, o forse no, o forse avevo solo voglia di scrivere ma non so bene cosa.....io so solo che il terremoto è stato per me come il colera, perchè queste due catastrofi hanno avuto in comune la forza dell'amore, che di questi tempi è stato duro, è stato faticoso, è stato devastante, è stato estenuante, ma è stato bellissimo, perchè è stato speciale, è stato unico, è stato raro, perchè più sono grandi le difficoltà più è bello superarle, perchè ci sono dei momenti interminabili nella vita che non si scorderanno mai, che non si vogliono dimenticare, che non si devono dimenticare...e a differenza del colera, che lascia dei segni visibili sulla pelle, il terremoto, quando sei abbastanza fortunato da poterlo raccontare, te li lascia dentro...e si dice che certa gente arriva nella vita come un terremoto, e solo ora ho capito cosa significa...perchè le coincidenze e i segni del destino si divertono a non essere mai abbastanza...e in una favola a non lieto fine come questa forse quello che importa non è il finale, ma la trama, l'intreccio, i personaggi, lo svolgimento, gli ostacoli superati, le coincidenze, i sogni, le emozioni, le sensazioni, le lacrime, una favola scritta con milioni di parole e miliardi di battiti di ciglia scagliati da occhi troppo belli per essere reali, e infatti, facevano parte di una fiaba lunga mille anni nella memoria ma destinata a terminare nella realtà, se mai di realtà si è trattato, perchè le cose belle hanno la potenza/debolezza di non essere definibili, di restare sospese nel limbo di una bellezza troppo grande per poterla circoscrivere e rinchiudere in una definizione che ne eliminerebbe la magia...forse quello che importa è questo, o forse quello che importa è prepararsi qualche buon ricordo per il futuro, da evocare con gli occhi persi tra le nuvole e la testa che continua a celebrare l'incanto di quei momenti ormai andati e lontani..o forse è arrivato il momento, cara Robb, di riprenderti la tua vita e di archiviare file troppo pesanti da sopportare....la vostra molto stanca Robb torna tra voi :)


song of the fable "last goodbye" jeff buckley

venerdì 27 marzo 2009

Apologia dell'oblio e dei passi

Si parlava...di come il dolore renda creativi. Di come la sofferenza sia una musa. Di come un cuore a pezzi ispiri le parole migliori....
Si pensava...che le persone che ci fanno battere il cuore siano bellissime. Che siano assolutamente perfette quando ci dormono accanto. Che mai avremmo tanta voglia di qualcosa nella vita come di fermare il tempo a quell'attimo irripetibile in cui tutto sembrava incantato....
Si credeva...che la gente che ami, in fondo, non può farti male. Che anche se lei non ti ama, non può calpestare il tuo amore, gettarlo nel fango, camminarci sopra e non girarsi mai. Che il tuo amore può bastare a entrambi, che comunque ti spetta almeno un meritato rispetto per aver preso una parte di te e averla donata a qualcun'altro, a volte per sempre....
Poi ci si accorge che sono tutte delle cazzate....che la gente va avanti, che le persone usano le persone, che il momento del bisogno è davvero il momento del bisogno, e quando passa, si può tranquillamente sparire senza pagare il conto. E ti ritrovi una manciata di ricordi tra le dita, buoni per le serate fredde in cui avresti voglia di piangere, ma le lacrime non vengono fuori perchè c'è una rabbia urlante dentro di te che le trattiene...Ed è meglio così. Perchè ci sono persone che non meritano neanche quelle. Perchè se la ruota gira, arriva il tuo momento di girarti e camminare dritto, senza voltarti mai....E ti torna voglia di scrivere. E pensi che il dolore sia tornato a trovarti, dopo aver gravitato per tanti giorni intorno a te. E ti senti morire per un attimo, ma solo per un attimo. Giusto il tempo di accorgerti che quella non è sofferenza, quella è libertà. Libertà da chi non è degno di un solo secondo del tuo tempo, libertà da quel senso di smarrimento e di vuoto che provi quando chi ami si dimentica che camminate sulla stessa nuda terra, libertà dall'oppressione che ti assale quando senti anche solo il suo nome....E allora non solo continui a camminare, sempre dritto, sempre più veloce, ma alzi anche la testa e sorridi....E pensi che non tornerai indietro, che la tua strada l'hai battuta tu, che ci sono le tue impronte, che sono merito tuo, della tua fatica, della tua costanza, e quella degli altri...beh, una colata di cemento ci sta sempre bene no?
Dedicato a chi dimentica, e non sa che io non dimentico...ma sono bravissima ad eliminare...



song of the day "corduroy" pearl jam

sabato 7 marzo 2009

Women have the power

C'è P. che vive e lavora lontana da casa, che lotta da anni contro un fantasma che lei ama abbastanza per lei e per lui, che si affanna per arrivare a fine mese,  per godersi un po' di sole fuori dall'Italia ogni tanto, che piange in silenzio e ti risponde sempre che va tutto bene.
C'è F. il cui marito un bel giorno è andato in vacanza con gli amici e dopo una settimana ha telefonato e ha detto "Ho conosciuto una, non torno più, ti chiamerà il mio avvocato", che si è rimboccata le maniche, ha ripreso la sua vita in mano ed è riemersa più forte di prima.
C'è R. animo sensibile e palle quadrate, che ha capito che gli uomini, anche quando sono grandi e grossi, tremano di fronte alle donne piccole con le unghie rosse, che sa cosa vuole e non si fa mettere i piedi in testa da nessuna.
C'è R. che ha cresciuto una figlia quasi da sola, che ha fatto carriera, che fa girare la testa agli uomini, che sa farti ridere come poche persone al mondo, che sa risollevarti con una parola in tutte le giornate no.
C'è S. e c'è sempre, in qualsiasi momento del giorno e della notte, che non ti lascia sola un attimo anche se è lontana, che è una delle poche certezze di questa vita.
C'è E. con cui ti capisci anche solo con uno sguardo, che le cose non te le chiede perchè le intuisce come se vivesse nella tua testa, che ha la classe di una First Lady e la forza di una wrestler.
C'è R. che porta avanti i suoi ideali contro tutto e tutti, che non abbassa la testa mai, che piuttosto che cedere lotta con tutte le sue forze, che ti dà la forza di non mollare.
C'è L. che è caduta tante volte, in campo e fuori, e si è rialzata sempre più in alto, con qualche livido in più ma con le spalle sempre più larghe, sempre pronta ad un abbraccio, a una risata, che arriva sempre con la canzone giusta al momento giusto.
C'è A. che ha dovuto convivere con la debolezza di un uomo per anni e a un certo punto ha detto basta, si è rimessa in viaggio da sola e si fa strada in una nuova città con l'entusiasmo e la voglia di una 15enne, che sa emozionarsi con un concerto e ti trasmette alla perfezione certe sensazioni.

Ci sono tante S. R. P. T. C. M. N. G. nel mondo...e se la festa delle donne significa onorarle, allora buon 8 marzo a tutte...anche se donne così vanno festeggiate ogni giorno della loro vita, perchè il vero evento è essere così in ogni momento, esserci sempre, forti e deboli, e dare vita al mondo in ogni loro gesto...buona festa, amiche mie, domani e ogni giorno....


song of the day "ave maria" fabrizio de andrè

giovedì 19 febbraio 2009

Biciclette elettriche

Vero.
Sono sparita.
Mi sono allontanata dal pc, dal blog, da un sacco di amici.
Ma quando ci si allontana da qualcosa, o da qualcuno, è sempre per avvicinarsi a qualcosa, o a qualcuno.
Io mi sono avvicinata.
Io mi sono innamorata.
Di qualcosa, e forse anche di qualcuno.
Mi sto innamorando...forse di nuovo ho la capacità di lasciarmi andare sentendo che alle spalle c'è qualcuno che mi sorregge. Mi sto innamorando della voglia di affrontare il freddo, il vento, la neve. Mi sto innamorando del sorriso mattutino del sole che si affaccia dalle montagne. Degli sguardi della gente intorno. Delle parole gentili delle persone. Dei silenzi, e della musica a tutto volume nelle cuffie nel bus. Dei ponti, e di quello che c'è sotto. Della voglia di cambiamento. Delle sciarpe, dei cappelli, delle mani gelate, perchè i guanti, i guanti no.
Mi sto innamorando di una città. Di questa città, dove quasi per caso ho deciso di venire a vivere. Mi piace il modo cortese ma discreto con cui ti accoglie, mi piacciono le case delle bambole che la sera diventano cattedrali gotiche che a vederle al buio fanno quasi paura. Mi piace guardare il cielo blu, ma blu davvero, che guardo con le mani sulle ginocchia la mattina per cercare la forza di affrontare i - X gradi che mi aspettano puntuali.
Mi sto innamorando, perchè quando sono tornata da Roma, col fiato ancora sospeso, perchè certe giornate e certe persone ti segnano, ti caricano, ti danno la vita come nessun altro, perchè certi ricordi non li cancelli (e perchè dovresti poi...), perchè gli abbracci e i sorrisi degli amici sono la vera linfa vitale, perchè certe persone giocano coi miracoli, ma se impari a capire, a capirle, rispondi a tutto con un sorriso, prendi quello che devi prenderti, lo metti in un angolo del cuore e guardi avanti, e impari a cancellare le ombre al tuo fianco quando sono lì solo per un gioco alcolico del destino....quando sono tornata, e ho rivisto la piazza, i parchi, le chiese, mi sono quasi commossa..mi sono sentita a casa, nonostante non avrei mai lasciato quello e quelli che mi lasciavo alle spalle..mi sto innamorando, perchè ho messo piede in questa città con una valigia piena di debiti e crediti del cuore un mese fa, terrorizzata non tanto da quello che stavo raggiungendo ma da quello che avevo appena lasciato lontano chilometri, con una miriade di domande che mi tengono sveglia da anni, e in questa città, ritornando dopo aver lasciato la stessa ombra di un mese fa, ho trovato le risposte....e le ho trovate quando ho smesso di cercarle, come nella migliore tradizione, perchè il cuore perde pezzi e li ritrova quando non è sotto pressione, quando intorno c'è pace e silenzio, e nel mio caso ci sono anche le montagne....
E mi sto innamorando di qualcuno. Questa città mi ha fatto davvero fare la pace col mio cuore. Mi sto innamorando di me stessa. Di quella che sono, di quela che non potrei non essere. Perchè non importa quanto vai bene agli altri, se prima non vai bene a te stessa. Perchè se chi hai amato più di chiunque altro al mondo non sa amarti come dovrebbe, meglio volersi bene da soli. Meglio dare la colpa al destino che a te. Meglio pensare che poteva andare meglio, ma è andata così. Ed è bello svegliarti la mattina e vedere il sole, e sentirlo dentro di te, meglio di una tempesta di neve che ti ha sballottato per troppo tempo, che ti ha levato l'energia. Quella ancora non ce l'ho...mi amo con debolezza, devo recuperare le forze dal cuore che ho cercato di tenere vicino il più possibile..ma so che quella forza la ritroverò. Sotto un ponte forse, in un abbraccio forse, in un sorriso forse, ma la ritroverò, e sarò di nuovo io, con la stessa voglia di lasciarsi andare sentendo che alle spalle c'è qualcuno che mi sorregge....



song of the day "cenere" marta sui tubi

venerdì 6 febbraio 2009

Per la cronaca...


..mezzora fa ho firmato un contratto di lavoro. Inizio lunedi e "finisco" a maggio 2010. Le sensazioni che si stanno accumulando dalla telefonata dell'agenzia di stamattina sono molteplici..paura, emozione, incredulità...sono pronta, ora il 2009 è cominciato davvero, ora sì che possiamo parlare di anno zero...ora sì che si può dare spazio a tutto il resto..

E sempre per la cronaca, se una foto può immortalare un momento, ecco l'attimo di cui parlavo in "Neve"...secondo me questa foto è quasi mistica...

lunedì 2 febbraio 2009

El scioco del rugbi

Ci sono pittori che si commuovono davanti a un quadro. Ci sono scrittori che hanno i brividi davanti alla copertina di un libro. Ci sono attori che si incantano davanti alla locandina di un film.
Io non so fare nulla di tutto ciò...ma riconosco le stesse sensazioni, le stesse emozioni, la stessa gioia pura..io provo tutto questo davanti a una palla ovale.
Il rugby. E' entrato nella mia vita in modo bizzarro, quando per errore...in Romania mi sono poggiata su un mucchio di mattoni che all'improvviso si è mosso. Era una macchina da mischia, e io sono passata dal terrore alla curiosità in un attimo...sapevo cos'era il rugby, e guardavo anche le partite in tv, ma sapevo solo che la palla si passa all'indietro e che quando schiacci la palla oltre l'ultima linea hai fatto meta...mai, in quel giorno di maggio, avrei immaginato che il rugby è molto di più, e che mi avrebbe dato così tanto..
Primo appuntamento dell'anno, partita dei muccati di rugby.it a Recco, nella mia amata Liguria che da troppo tempo stavo trascurando...e per la prima volta, dopo lunghissimi mesi, avrei incontrato quelli che continuiamo a chiamare "i sitaroli" ma che rappresentano molto di più, che sono Amici con la maiuscola e il grassetto, che nonostante la distanza ho sempre sentito vicino, chi più chi meno, era la prima volta che rivedevo qualcuno senza le distanze colmabili di un litigio, era la mia prima partita dopo un tempo interminabile...e mi sono ritrovata davanti alla club house del Recco emozionata, col cuore a mille e le gambe che mi tremavano, mentre da lontano vedevo l'allegra mandria del rugby avvicinarsi, coi borsoni, le bottiglie, i sorrisi di chi sa che sta per affrontare una giornata bella come poche, una giornata che nonostante la pioggia, il freddo, le botte (per chi era in campo) sarebbe stata ricordata con una gioia negli occhi e nel cuore che sarebbe durata a lungo, che ti avrebbe fatto compagnia fino al prossimo incontro...
E' difficile spiegare il mondo del rugby ai non addetti ai lavori...è impossibile far capire come ci si sente dopo il week end di giugno a Bologna a chi non c'era...non ci sono parole per spiegare l'incredibile fratellanza che si riesce a vivere con queste persone conosciute un po' per caso e che poi sono diventate i pezzi fondamentali del puzzle della tua vita...io ho avuto una sensazione forte e chiara al primo dei numerosissimi brindisi di sabato scorso...che quello era il mio posto, che non volevo essere da nessuna altra parte nel mondo, con nessun altro...quello è il mio mondo, l'ho scelto io o mi ha scelto lui, non importa, ma di tutte le cose che ho cambiato nella mia vita negli ultimi anni, il rugby è rimasto il punto fermo, è rimasto il faro, è rimasto il rifugio in cui andare ogni volta, quando le cose andavano bene o andavano male, con qualunque tempo, atmosferico e no, la grande famiglia del rugby mi ha sempre accolto a braccia aperte, con un sorriso sulle labbra e con un bicchiere di birra in mano..e basta così poco per sentirsi a casa...io non ho un posto nel mondo, non riesco a pensare un posto che sia davvero casa mia, sono ancora alla ricerca del luogo in cui fermarmi, se mai mi fermerò, ma sapere che c'è sempre un campo da rugby, una club house e degli amici speciali ad aspettarmi mi fa sentire bene ovunque...grazie di tutto, grazie per avermi aspettato, grazie per esserci stati, grazie dei sorrisi e delle parole, grazie di esistere davvero....ci vediamo tra poco a Roma :-)


song of the day "canzone del 6 nazioni" ... qualcuno sa il perchè :D

lunedì 19 gennaio 2009

10 anni senza te...

Me lo ricordo bene quel giorno. Quel giorno di gennaio, non c'era il sole. Ero felice, perchè avevo superato lo scritto di Francese I. Sono entrata in casa alle 12:55 circa, in tempo per vedere il tg sul 2. Ho acceso la tv e le ho dato le spalle, spadellando per il pranzo. E una voce ha detto quelle parole. "E' morto a Milano Fabrizio De Andrè". Mi sono voltata verso il televisore, come se guardandolo avrei avuto conferma di aver sentito male. E invece no. Tu te ne sei davvero andato in una fredda giornata di gennaio, un mese a cui hai dedicato una preghiera, un mese che morirci è facile, meglio che farlo a maggio. Sono rimasta paralizzata, con una padella in mano che ridicolamente non riuscivo a posare, come se mi stesse dando l'equilibrio per restare in piedi. E ferma, così, nel bel mezzo della cucina, con una padella in mano, ho pianto. Ho pianto continuando assurdamente a sperare di aver capito male, ho sperato anche quando ho visto le immagini del via vai dalla clinica, quando ho visto Dori e Cristiano e Luvi con gli occhiali da sole e il viso rigato. Quando la morte mi chiamerà, cantavi...e tutti noi abbiamo pensato e ascoltato cosa avresti fatto tu nel tuo ultimo momento, ma non a cosa avremmo fatto noi. Io mi sono sentita sola. Mi sono sentita persa. Non ero pronta. Non lo sarei stata mai. Ma mi sono sentita persa, e sola, e non pronta. Ho messo su la tua Smisurata Preghiera, la smisurata eredità che ci hai lasciato, sapendo che ci avresti lasciato. E mi sono sentita meglio. Ho sentito che non era vero che te ne eri andato. Eri ancora lì. Sei ancora qui. L'amico fragile che curava le mie fragilità. L' inverno che diventava tepore. Il chimico che mi faceva sentire meno strana visto che gli uomini mai, mi riuscì di capire. Quello che mi faceva innamorare di tutto, da piccola e da grande (eh sì, al tempo era ancora così). Che mi ha fatto innamorare persino di Rimini. Che ha dato un senso alla mia Città Vecchia. Che rendeva un'inondazione una favola. Che mi ha indicato la mia cattiva strada. Che mi ha lasciato una barca da scrivere e un treno da perdere. Che mi ha fatto guardare le nuvole per la prima volta, e da quel giorno non ho mai smesso. Che mi ha fatto amare il genovese, e mi ha fatto commuovere davanti a Via del Campo e alla mia prima creuza. Che mi ha dato la forza di voltare la carta, ogni volta. Che mi ha fatto innamorare di Spoon River. Che mi ha fatto sentire una serva disobbediente meno sola. Che mi ha spiegato che l'amore viene, e l'amore va. Potrei continuare all'infinito, perchè tu sei stato infinito, perchè prima di andartene, come ogni buon padre, ti sei impegnato per lasciarci una canzone per ogni giorno, per ogni occasione, per ogni emozione della nostra vita. E io ogni giorno, ogni singolo giorno, ti ascolto. Perchè tu hai ancora tanto da dirmi. Perchè riesci a dire tutto quello che vorrei sentirmi dire. Perchè come te, ci sei solo tu. Perchè siamo tutti figli tuoi, un po' più orfani da 10 anni, un po' più zingari, un po' più ladroni. Perchè se solo penso a cosa sarebbe stata la mia vita senza di te, vedo il nulla...quando ero piccola facevo questo gioco: pensavo al mondo, e toglievo prima le persone, poi gli animali, poi il cielo, poi il mare, poi le montagne, poi il suolo, e piano piano iniziava a girarmi la testa, finchè non arrivavo a immaginare il vuoto cosmico. Ed era triste e buio. E lo sarei stata io senza te. Tu mi hai detto tanto, io posso dirti solo una cosa: grazie. Grazie di tutto Faber, e avevi proprio ragione tu, è stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati.

song of the day: impossibile da scegliere....

martedì 13 gennaio 2009

Neve

Catarsi...è da sempre una delle mie parole preferite, non solo per il suo significato, ma anche per il suono che viene fuori quando la pronunci...

Catarsi...è da sempre una delle fasi più difficili della vita dell'uomo...ha un senso mistico, religioso, il senso di purificazione dai peccati, dal male, dal dolore, è un concetto anche mentalmente difficilissimo da raggiungere...

...Così come sono difficili da raggiungere le montagne piene di neve di una nebbiosa giornata di gennaio...ma quando le raggiungi, quando sei in alto, ti fermi, respiri a pieni polmoni, ascolti il battito del tuo cuore e finalmente, dopo mesi, o anni, vedi...vedi davvero con i tuoi occhi, che erano troppo occupati a farsi spazio tra le mille meccaniche della mente, vedi con il tuo cuore, troppo occupato a tenersi al caldo con una coperta corta e stretta e consumata ma a cui sei ormai affezionata e che prima d'ora non avresti scambiato col più caldo dei piumini d'oca... vedi con la testa, troppo occupata a congetturare e a cercare delle risposte, ma ormai è tutto libero, sgombro, leggero, e scopri una lucidità che pensavi di aver perduto...vedi intorno a te e ti sembra tutto un disegno, è tutto troppo puro, perfetto per essere reale, era così inarrivabile solo un giorno fa e ora invece sei qui, in alto, con il freddo che ti taglia la pelle ma tu non lo senti, con la neve che ti bagna il viso ma non te ne accorgi, le montagne sembrano una fotografia venuta male perchè si è aperto il flash, i paesini a 1600 metri sotto i tuoi piedi sembrano casette del presepe messe lì per sembrare reali, e al tuo fianco, al tuo fianco c'è una figura che a testa bassa cammina nella neve, che ogni tanto alza gli occhi e che quelle montagne le conosce come le sue tasche, che ti parla, ti sorride, ti indica i monti, e tu lo guardi e la sensazione è di essere parte di quella distesa di neve, da sempre, ti sembra di essere nata lì e di non essertene mai andata, ti sembra di avere avuto quell'ombra al tuo fianco tutti i giorni in cui ti è mancata come l'aria...Le montagne, quando le affronti, ti fanno meno paura, la neve è meno fredda di quanto pensassi, l'altitudine ti dà meno vertigini del previsto...quando tutto passa, quando torni al caldo, ti sembra quasi impossibile essere stata lì, aver affrontato il tuo inf(v)erno personale, aver sfidato gli occhi a guardare, il cuore a placarsi, la testa a rilassarsi..quando tutto finisce ti resta un vuoto...la sensazione che per un momento, sarà pieno inverno, che dovrai abituarti a quel peso spostato dal cuore dopo infiniti giorni e infinite notti...non è vero che ci si abitua alla leggerezza dell'anima, non è vero che si volta pagina in un attimo..ma è vero che quando risali, o in questo caso riscendi, quando ti guardi allo specchio una mattina e sul tuo viso leggi una calma che dimenticavi di poter avere, quando il tuo sguardo sprigiona pace, senti che hai fatto tutti i passi necessari, hai fatto quello che dovevi fare da anni...sei libera, libera di andare avanti e di guardare indietro senza rancore, libera di sorriderti da sola e sentirti anche un po' stupida perchè ala fine "ci voleva così poco"...libera di lasciarlo andare per sempre, con la consapevolezza di averlo amato nella maniera più pura possibile, pulita come la neve, e sicura che come le tue impronte restano sulla neve finchè qualcuno non ci cammina sopra, le sue lasceranno i loro tacchetti impressi nel tuo cuore fino ai prossimi passi, alle prossime nevicate, che arriveranno presto, o tardi, e troveranno un altopiano immenso e libero da ricoprire....


songs of the day "last goodbye" Jeff Buckley
"hotel supramonte" Faber